Uno sguardo

La tracheostomia

Vivere esperienze dure aiuta a credere di più in se stessi, ma raccontarle può servire a chi in futuro potrebbe trovarsi in situazioni simili, per questo voglio riassumere con qualche parola scritta, una delle avventure più dura della mia vita. Avevo 16 anni quando spesso mi mancava l'aria fino a star male, sempre dopo aver mangiato o bevuto qualcosa, oppure quando mi alzavo al mattino già stanco e lavandomi cominciava la dispnea e la tachicardia. Sapevo che la mia amiotrofia spinale mi avrebbe alla fine dato quei problemi, ma il mio carattere mi ha sempre spinto ad andare al limite massimo d'ogni sfida; solo che quella volta il nemico era troppo ostico e pian piano me ne resi conto. Il tragico episodio avvenuto due anni prima, legato alla scomparsa di mia sorella per causa dell'insufficienza respiratoria, anch'egli colpita dalla mia stessa patologia, mi aveva sicuramente traumatizzato e allo stesso tempo reso consapevole di ciò che mi attendeva. Sapevo bene cos'era un ventilatore meccanico, come si doveva utilizzare e i fastidi che poteva darmi, proprio per questo mi rifiutavo di sottopormi ai controlli respiratori che l'équipe del proff. Lissoni mi proponeva periodicamente contattando i miei genitori. Ero in caduta libera, colmo di tristezza e ormai rassegnato al peggio, mentre le crisi erano sempre più frequenti e forti. L'angoscia di prendere una bronchitina, la paura d'addormentarmi, l'apatia e la stanchezza perenne mi stavano uccidendo lentamente, ma tutto dipendeva anche dalla mia reazione negativa. Successe che in un momento di estrema solitudine, preso dalla voglia di pensare al futuro, capii che avevo soltanto due vie da scegliere: quella dell'abbandono della vita , da finire in qualche sala di rianimazione, altrimenti quella della lotta per un'esistenza migliore, da percorrere però al fianco dei miei cari e con l'indispensabile aiuto dei medici . Decisi dunque di optare per la seconda e contattai gli specialisti di Villa Beretta dopo aver informato i miei familiari.
Il trattamento che ebbi durante il ricovero, per verificare la mia condizione, fu ottimo. I medici mi ispiravano sicurezza, erano molto comprensivi e sensibili al mio problema. Sentivo che la cosa era più grave di quanto pensavo, infatti gli esami spirometrici e i monitoraggi notturni diagnosticarono un grave deficit respiratorio con episodi d'apnea notturni. A mia madre, la persona che in prima linea mi è sempre stata accanto, gli chiesi di non nascondermi nulla se i medici gli avessero confidato qualcosa di negativo, ma non ce ne fu bisogno dato che non mi nascosero nulla. Mi dissero che avevo bisogno di un respiratore meccanico, poiché i miei muscoli deboli e stanchi dovevano riposare. Mi addestrarono ad utilizzare il ventilatore collegandomi ad esso tramite una mascherina, un apparecchio che al primo impatto mi impressionò un pochino, ma che poi adattandomi divenne una macchina benefica e affascinante. La mia potenza muscolare massima, sia in inspirazione che in espirazione, era molto scarsa e quindi anche il rischio di prendere una normale bronchite era grave. Mi fu proposto, visto il mio quadro clinico, di farmi tracheostomizzare in tempi brevi, così da evitare episodi molto drammatici. I vantaggi della tracheostomia con il supporto del ventilatore meccanico sono molto efficaci: facile aspirazione delle secrezioni bronchiali, un'ottima ventilazione respiratoria senza possibilità di spiferi, rapido collegamento al respiratore ecc.. Naturalmente come in tutto, c'è sempre qualche lato negativo, ma grazie alla mia famiglia, ai medici e alla mia forza di volontà, decisi di accettare la proposta e di mettercela tutta per riprendere a vivere con quella serenità che da molto mi mancava. Ebbi tutto il tempo per prepararmi psicologicamente e dopo qualche mese mi ricoverarono in rianimazione, dove mi praticarono l'intervento e trascorsi due settimane estremamente difficili: ma per fortuna mia madre era sempre presente ad accudirmi. Mi ritrovai così con un buchino in trachea, nel quale era inserita una cannula leggera per il collegamento al respiratore e per l'aspirazione del catarro attraverso degli appositi sondini. Non sto ora a tentare di descrivere tutte le pratiche tecniche, poiché non mi basterebbe questo spazio per una buona spiegazione. Quei giorni sembravano non passare mai: non potevo parlare, stavo molte ore attaccato alla macchina e cercavo di distrarmi ascoltando musica e leggendo testi d'informatica. Lentamente migliorò tutto, mi abituai ad usare il ventilatore solo durante la notte, cominciai a mangiare tutto senza fatica, la voce non subì cambiamenti e il morale tornò più alto di prima.
Sono passati ormai circa 7 anni, tutti in ripresa nonostante qualche aggiustamento. Ora vivo una splendida vita, ho degli ottimi amici, esco spesso e mi dedico con facilità ai miei hobby. Fortunatamente la mia famiglia ha tantissima cura di me, pur nei momenti più duri. I problemi maggiori li ho affrontati sicuramente all'inizio. Non è stato semplice ottenere tutto il materiale indispensabile dalla A.S.L.: il ventilatore polmonare, il broncoaspiratore, le cannule tracheali, i sondini ecc.. Poi abbattere tutte le fobie, come temere di non poter fare a meno del respiratore, oppure di dover cambiare la cannula periodicamente. Ho così imparato a trovare il giusto equilibrio psicologico, per non diventare schiavo della mia situazione, ma il più possibile protagonista. Tutto sommato, i momenti brutti di questa esperienza lascerebbero perplesso chiunque, ma vi assicuro che ne è valsa proprio la pena.